Il 6 maggio si celebra in tutta Italia il Melanoma Day. L’evento per la prima volta a carattere nazionale, dopo quattro edizioni svolte solo nella Regione Lazio, si pone l’obiettivo di sensibilizzare la popolazione sulle norme di prevenzione del melanoma. Si tratta di una grave forma di tumore della pelle che, sebbene meno comune di altri, è molto pericoloso a causa della rapidità di diffusione se non individuato precocemente. Il mese di maggio è dedicato proprio alla prevenzione dei tumori cutanei e queste iniziative intendono dare il via ad una serie di eventi, da parte di enti istituzionali, enti del terzo settore ed individui, che prenderanno luogo in tutta Italia durante tutto il mese. La partecipazione a questo evento (patrocinato da Fondazione Melanoma, Intergruppo Melanoma Italiano, Associazione Dermatologi Venereologi Ospedalieri Italiani, Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e di Malattie Sessualmente Trasmesse ed Istituto Dermopatico dell’Immacolata) vede in prima linea alcune organizzazioni che operano a sostegno e tutela dei pazienti. Anche singoli individui e strutture ospedaliere hanno deciso di attivarsi sul proprio territorio per diffondere interventi volti ad evitare l’insorgenza della neoplasia. Perché insieme si può fare la differenza. • Fondazione Melanoma Onlus (Napoli) • Fondazione Melanoma Carolina Zani ETS (Brescia) • Ente Ospedaliero Ospedali Galliera (Genova) • Associazione Insieme con il sole dentro (Bergamo) • Associazione Piccoli Punti (Padova) • Associazione Melanoma Day (Cassino) • Associazione MelaVivo (Fiumicino) • Associazione Pulce nell’orecchio (Chiavari) • Valentina Careggio (Chivasso)
Vivere con una diagnosi di malattia rara rappresenta un vero e proprio percorso ad ostacoli. Ma, quando si è donna, le difficoltà aumentano esponenzialmente, sia quando si è malate sia da caregiver. Secondo una prima indagine realizzata da EngageMinds Hub dell’Università Cattolica di Milano, guidato dalla Prof.ssa Guendalina Graffigna, percezione della propria immagine, gestione della malattia, accesso alle cure, fertilità, appartenenza a minoranze culturali e conciliazione del ruolo di lavoratrice con quello di caregiver rappresentano le aree di maggiore difficoltà nella gestione delle patologie rare. Per affrontare queste sfide, far luce a 360 gradi sull’impatto (sociale, clinico, economico, psicologico) di queste malattie nella popolazione femminile e ridurre le disuguaglianze di genere nasce “Women in rare”, il progetto di Alexion dedicato alla centralità della donna nell’universo delle malattie rare. Un percorso mirato a esplorare l’impatto di questa specifica condizione sulle diverse sfere della vita delle donne, che si articolerà attraverso l’organizzazione di eventi istituzionali di sensibilizzazione, una campagna social per aumentare la consapevolezza sulle malattie rare e la stesura di un “libro bianco”, in collaborazione con EngageMinds Hub, UNIAMO, Fondazione Onda, Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere, ALTEMS e il comitato scientifico del progetto “Women in Rare”, in cui verranno evidenziati i principali bisogni insoddisfatti sia dalla prospettiva del paziente sia del caregiver. “La presenza di una malattia rara ha un forte impatto sia sulla vita di chi ne è affetto sia su quella dei caregiver. Diversi studi sottolineano però che è maggiore nelle donne, che spesso devono affrontare sfide uniche e specifiche legate alla loro condizione di salute”, spiega Guendalina Graffigna, Professore Ordinario di Psicologia dei Consumi e della Salute all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza e Direttore del Centro di Ricerca EngageMinds HUB – Consumer, Food & Health Engagement Research Center. “Per le donne che soffrono di patologie rare, ad esempio, l’immagine corporea può diventare una fonte di preoccupazione e di depressione a causa degli effetti fisici che le loro condizioni possono determinare. Non solo, la scarsa sensibilizzazione sulle malattie rare e la mancanza di conoscenza possono portare le donne a sperimentare lo stigma sociale e a sentirsi giudicate e discriminate. Le patologie rare presentano inoltre un impatto significativo sulla gestione della vita quotidiana delle donne che ne sono affette. Il non sapere quando e quali sintomi si presenteranno non permette di organizzare la giornata, fare progetti e, più in generale, gestire gli impegni quotidiani e familiari. Un ulteriore aspetto riguarda la fertilità: diverse analisi sottolineano difficoltà nell’elaborazione dei sentimenti legati all’infertilità associate a molte malattie rare. Questo può contribuire a vissuti di ansia, depressione e isolamento. Infine, un altro aspetto emerso dalla ricerca riguarda l’appartenenza ad una minoranza culturale. Questa caratteristica costituisce un’ulteriore complessità di cui tenere conto perché, oltre alle iniquità legate al genere, la gestione della patologia rara può essere compromessa da vulnerabilità legate a stereotipi culturali, barriere linguistiche e differenti concezioni della salute”, afferma la Prof.ssa Graffigna. La centralità della donna come caregiver rappresenta un’importante sfida a livello istituzionale. “I percorsi di diagnosi, cura e sostegno per i malati e per i loro familiari dipendono in gran parte dalla Regione in cui si risiede. Ecco perché occorre più che mai un maggior raccordo sul territorio per cambiare la vita quotidiana delle persone con malattia rara attraverso una miglior assistenza socio-sanitaria e domiciliare. Cambiamento che per il ruolo della donna, sia come caregiver sia come lavoratrice, deve passare da interventi strutturali che garantiscano il diritto di scelta. Ciò significa facilitazioni per part time e smart working accompagnate da assistenza domiciliare che possa consentire anche una scelta lavorativa. Iniziative come ‘Women in Rare’, con il contributo delle associazioni che si occupano di malattie rare, vanno proprio in questa direzione”, commenta Annalisa Scopinaro, Presidente di UNIAMO (Federazione Italiana Malattie Rare).
Dei 4.5 milioni di persone con diabete in Italia circa il 26% assume insulina da sola o in combinazione con altri farmaci, secondo i dati del Rapporto ARNO Diabete, ma nonostante la disponibilità di insuline di ultima generazione, l’80% delle persone con diabete non riesce a raggiungere il target glicemico necessario per scongiurare le complicanze, spesso a causa di errori di dosaggio e dimenticanze di somministrazioni del farmaco. Novo Nordisk ha reso disponibili due penne smart riutilizzabili e ricaricabili, NovoPen® 6 e NovoPen Echo® Plus, che permetteranno alle persone con diabete di gestire il controllo glicemico e quindi la malattia. Tramite i due dispositivi, ogni volta che il paziente effettua un’iniezione, verranno rilevate e memorizzate le informazioni riguardo la dose somministrata, le unità assunte, il tempo trascorso dall’ultima somministrazione, ora e data di tutte le dosi iniettate (fino a 800 dosi, corrispondenti ad almeno tre mesi di terapia) e dati di controllo del flusso; inoltre, le penne possono interfacciarsi con diverse app per il diabete, come FreeStyle LibreLink di Abbott, Glooko®, mySugr® di Roche e con software gestionali utilizzati dalle strutture sanitarie. Le informazioni sulla somministrazione del farmaco rilevate possono quindi essere utilizzate in parallelo ai dati di monitoraggio della glicemia, permettendo di evidenziare la relazione tra iniezioni di auto-somministrazione effettuate e i relativi livelli glicemici. Infatti, le penne supportano la comunicazione in prossimità (NFC - Near Field Communication), per cui è possibile trasferire la cronologia delle iniezioni a uno smartphone, un tablet, un PC, per tenere un registro personale.
L’Ospedale Niguarda è un luogo di cura e cultura per la salute per tutti i cittadini di Milano e non solo. Oltre alle competenze e alla professionalità degli operatori sanitari si affianca anche un’altra iniziativa, mutuata da quanto accade nei paesi anglosassoni: sono i “giardini terapeutici” costruiti per permettere ai pazienti, ai loro familiari, ma anche agli operatori sanitari, di riconnettersi positivamente con la natura e con i suoi profumi.
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La dermatite atopica grave interessa, in Italia, oltre 35.000 bambini e adulti. È ora disponibile abrocitinib, rimborsato dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) per i pazienti adulti con forma severa, candidati a terapia sistemica. Una nuova opzione terapeutica, rimborsata dal SSN (G.U. del 27 gennaio 2023), che potrà rivoluzionare la gestione clinica della dermatite atopica consentendo di raggiungere risultati che fino a poco tempo fa sembravano irraggiungibili. "Abrocitinib è un farmaco orale, assunto con una sola somministrazione al giorno, che agisce bloccando una Janus chinasi che interviene nella trasduzione di segnali infiammatori della dermatite atopica – spiega Giampiero Girolomoni, Direttore UOC di Dermatologia e Malattie Veneree Azienda Ospedaliera di Verona – Si tratta di un antinfiammatorio specifico per questa malattia cutanea, che agisce bloccando sia i mediatori dell’infiammazione sia i mediatori del prurito: in questo modo riduce l’infiammazione cutanea e riduce il forte prurito. Il meccanismo d’azione è abbastanza rapido e nel giro di pochi giorni i pazienti riscontrano un miglioramento della sintomatologia. Abrocitinib va somministrato a pazienti selezionati e monitorati, giovani/adulti (dai 18 anni di età) colpiti da una malattia grave. Sei sono gli studi che sono stati condotti per valutare efficacia e sicurezza del farmaco, rigorosi e su vaste popolazioni, controllati e randomizzati, verso placebo o verso altri farmaci attivi di riferimento che hanno dimostrato la superiorità di abrocitinib nella risoluzione precoce di segni e sintomi e un’ottima tollerabilità. Il farmaco può essere assunto per tutto il tempo che serve, può essere interrotto e ripreso a seconda delle necessità. Si inizia la terapia con una dose un po' più alta e man mano si riduce il dosaggio a seconda della risposta del paziente, fino ad arrivare ad una dose di mantenimento".