È online dal 9 gennaio renalcare.it, la prima piattaforma online italiana attualmente dedicata a due condizioni associate alla malattia renale cronica (MRC) di crescente interesse per medici nefrologi e pazienti: l’Iperparatiroidismo Secondario e il Prurito uremico. Il sito è realizzato da CSL Vifor, azienda farmaceutica di riferimento internazionale per terapie innovative mirate alla gestione della carenza di ferro, per la dialisi, per le malattie nefrologiche e nel campo delle malattie rare. Renal Care nasce per aumentare la consapevolezza della MRC e delle sue complicanze, grazie a due sezioni separate, con contenuti differenziati ed organizzati in funzione di una navigazione scorrevole ed efficace: da un lato offre informazioni ed aggiornamenti per il personale medico, in particolare nefrologi, e dall’altro sensibilizza i pazienti sull’Iperparatiroidismo Secondario e sul Prurito uremico. L’obiettivo di Renal Care è colmare un gap a livello di informazione favorendo un dialogo più esteso tra medici e pazienti. Contrastare la lenta e progressiva compromissione della salute renale passa anche attraverso una maggiore consapevolezza sull’Iperparatiroidismo Secondario e sul Prurito uremico. Alessandra Antonello, Medical Director di CSL Vifor afferma: “il prurito associato alla malattia renale cronica rappresenta una complicanza fastidiosa e debilitante in una percentuale importante di pazienti in trattamento dialitico, dimostrandosi ancora un grande bisogno irrisolto. Analogamente, l’iperparatiroidismo secondario nel malato renale cronico spesso non viene prontamente preso in considerazione e gestito nelle sue fasi iniziali, esponendo il paziente ad importanti rischi nelle fasi più avanzate della malattia”. Tutti questi argomenti sono approfonditi all’interno della piattaforma Renal Care mediante contenuti ed informazioni validate scientificamente, da cui trarre le risposte alle domande più importanti sulla MRC e sulle sue principali complicanze.

La rete dei microbiologi clinici italiani è pronta, anche questa volta, per supportare la richiesta di screening e analisi di sequenza dei campioni da passeggeri in ingresso in Italia dalla Cina. È questo il messaggio che AMCLI ETS – Associazione Microbiologi Clinici Italiani - lancia in occasione della pubblicazione dell’Ordinanza del Ministro della Salute Orazio Schillaci ai fini dell’identificazione e del contenimento della diffusione di possibili varianti del virus SARS-CoV-2, a tutti i soggetti in ingresso dalla Cina fino al 31 gennaio 2023. Le disposizioni dell’ordinanza si applicano alle Regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano.
I campioni saranno raccolti presso i principali aeroporti italiani o nel caso non sia possibile presso la ASL di riferimento entro le prime 48 ore dall’arrivo. Il test molecolare, che servirà per il sequenziamento, sarà effettuato solo a coloro che risulteranno positivi ad un primo screening con test antigenico. La necessità di tale iniziativa nasce dall’emergenza, che si è verificata in Cina, dove il virus appare circolare rapidamente in un’ampia popolazione suscettibile, per conoscere la tipologia di varianti e relativi sotto-lignaggi maggiormente rappresentate. “Il sequenziamento dell’RNA virale caricato e analizzato tramite la piattaforma nazionale I-Co-Gen, coordinata da ISS, permette di individuare le varianti virali in modo da poter intercettare prontamente l’emergenza di una variante di preoccupazione - evidenzia Pierangelo Clerici, Presidente AMCLI ETS e Direttore U.O. Microbiologia A.S.S.T Ovest Milanese. L’impegno della comunità dei Microbiologi clinici italiani è costante nel controllo della diffusione di SARS-CoV-2. La tecnologia ci ha fornito ottimi strumenti di laboratorio e non possiamo permetterci di sprecare il vantaggio che abbiamo guadagnato sul virus attraverso il nostro continuo ed incessante lavoro svolto fin dall’inizio della pandemia” - conclude Pierangelo Clerici.

L’Università di Pavia capofila di un progetto ambizioso e di ampio raggio, ma anche di reale impatto scientifico e con ricadute operative e organizzative, sul tema “malattie infettive emergenti”, che parte dall’individuazione di quelle che sono le principali minacce attuali e quelle che potrebbero emergere nel futuro.
Il progetto, sviluppato da una squadra proponente caratterizzata fin dall’inizio da una forte sinergia tra l’ateneo pavese, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), è stato selezionato dal Ministero dell'Università e della Ricerca e finanziato con 114,5 milioni di euro, nell'ambito della Missione 4, “Istruzione e Ricerca” - Componente 2, “Dalla ricerca all’impresa” del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) - Linea di investimento 1.3, “Partenariati Estesi”, finanziato dall’Unione europea – NextGenerationEU. Grazie a questo importante finanziamento nasce la Fondazione INF-ACT, di cui fanno parte 25 tra atenei nazionali, enti pubblici e privati. Un consorzio che prevede forti competenze trasversali in grado di affrontare il problema delle possibili epidemie adottando un approccio "One Health" , ossia integrando aspetti di salute umana, salute animale e ambientale, dagli eventi epidemici ai fenomeni di spillover ai mutamenti climatici alla base delle modifiche della fauna selvatica e le interazioni con l'uomo. Sono state individuate cinque tematiche principali che saranno al centro della sinergia operativa messa in campo dalla Fondazione:
- Studio dei virus emergenti e riemergenti;
- Studio di insetti e altri vettori che veicolano agenti patogeni e delle malattie a essi correlate;
- Studio degli agenti patogeni resistenti agli antimicrobici e dei meccanismi di generazione e scambio di marcatori di farmacoresistenza;
- Studio di nuovi sistemi di sorveglianza integrata epidemiologica e microbiologica (umana-animale-ambientale); identificazione di modelli per l’individuazione precoce di infezioni emergenti; messa a punto di meccanismi di alert e modelli matematici predittivi;
- Identificazione di nuovi bersagli per molecole ad attività antinfettiva; progettazione, sintesi e validazione di molecole con potenziale terapeutico con approcci in silico, in vitro, ex vivo e in modelli animali.

La direzionalità tra l'esitazione nei confronti del vaccino e gli effetti collaterali al vaccino contro il Covid è stata di recente indagata in uno studio che ha ipotizzato un effetto nocebo, per cui l'esitazione verso la seconda dose determina successivi eventi avversi alle dosi booster. Lo studio è stato condotto su un campione rappresentativo di adulti anziani (n = 756, età media = 68.9) e, come ipotizzato, la precedente esitazione vaccinale ha predetto i successivi effetti collaterali del richiamo in entrambi i sessi ma con effetti più forti nei maschi. I risultati hanno anche dimostrato che una parte quantificabile e significativa degli effetti collaterali al vaccino è determinata da un atteggiamento scettico verso il vaccino, evidenziando che gli effetti collaterali comprendono una forte componente nocebo-psicosomatica (Hoffman YSG, et al. Sci Rep 2022. https://doi.org/10.1038/s41598-022-21434-7).

L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha approvato la rimborsabilità dell’associazione di nivolumab e cabozantinib per il trattamento in prima linea di pazienti adulti con carcinoma a cellule renali avanzato. L’associazione di un farmaco immunoncologico (nivolumab) con una terapia mirata (cabozantinib) diventa così disponibile nel carcinoma a cellule renali avanzato. Ad aprile 2021 la Commissione Europea aveva approvato questo nuovo regime in base ai risultati dello studio di fase III CheckMate -9ER, che ha dimostrato la superiore efficacia dell’associazione rispetto a sunitinib per i tre endpoint chiave: la sopravvivenza globale, la sopravvivenza libera da progressione e il tasso di risposta obiettiva. “È continuo il bisogno di nuove terapie che mostrino un beneficio in diversi sottogruppi di pazienti con carcinoma a cellule renali avanzato – spiega Giuseppe Procopio, Responsabile Oncologia Medica Genitourinaria Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano -. Nel tumore renale la chemioterapia e la radioterapia sono risultate, da sempre, poco efficaci e il loro utilizzo è scarso. Il trattamento di elezione per la malattia localizzata è rappresentato dalla chirurgia, conservativa quando possibile. Oltre il 50% dei pazienti con malattia in fase precoce guarisce. Però il 30% arriva alla diagnosi già in stadio avanzato e, in un terzo, la malattia può recidivare in forma metastatica dopo l’intervento chirurgico. Storicamente, la sopravvivenza a 5 anni nella malattia avanzata o metastatica non superava il 13%”. “Nello studio CheckMate -9ER, che ha coinvolto 651 pazienti, nivolumab in associazione con cabozantinib, un inibitore tirosin-chinasico, a un follow up mediano di due anni, ha ridotto il rischio di morte del 30% rispetto a sunitinib – continua il prof. Procopio -. Inoltre, la sopravvivenza libera da progressione mediana, endpoint primario dello studio, è raddoppiata rispetto ai pazienti che hanno ricevuto solo sunitinib (17 mesi vs 8.3 mesi), così come il tasso di risposta oggettiva (55.7% vs 28.4%). In un’analisi esplorativa, l’associazione è stata correlata a un tasso di controllo della malattia, che includeva risposta completa, risposta parziale e malattia stabile, dell’88.2% rispetto al 69.9% con sunitinib. Va evidenziato anche il buon profilo di tollerabilità di questa terapia di associazione.