A causa del costante aumento, registrato negli ultimi anni, di bambini affetti da anemia falciforme e del peso crescente della gestione sui sistemi sanitari, nel 2006 l’Oms ha invitato i sistemi sanitari ad implementare e rinforzare i programmi di prevenzione e trattamento dell’anemia falciforme al fine di ridurne morbilità e mortalità. Nel 2008 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha definito la drepanocitosi “un problema di sanità globale”, istituendo la Giornata Mondiale della Malattia Drepanocitica il 19 giugno di ogni anno. Si stima che ogni anno nascano tra 300.000 e 400.000 bambini con questa malattia, più comune tra le persone dell'Africa subsahariana, dell'India, del Medio Oriente, di parti del Mediterraneo, dell'Europa allargata o di coloro che avevano antenati provenienti da queste regioni. In Italia, si contano tra 2.500 e 4.000 pazienti affetti da anemia falciforme, sebbene questi numeri siano probabilmente sottostimati. La sensibilizzazione di una patologia divenuta un problema sanitario globale è stata al centro della presentazione del libro “Sangue a falce” del Dott. Giovan Battista Ruffo, Direttore UO Ematologia e Talassemia Arnas Civico Di Cristina Benfratelli di Palermo e membro del Consiglio Direttivo SITE, svoltasi a Roma nella sala Isma del Senato della Repubblica in occasione della Giornata Mondiale dell'Anemia Falciforme. Il romanzo racconta l'anemia falciforme attraverso una narrazione avvincente che intreccia storie di vita reale con il dramma della malattia. Ambientato a Palermo, una città da sempre crocevia di popoli dell'area mediterranea, il libro non solo mette a fuoco la sofferenza e le sfide affrontate dai pazienti, ma affronta anche temi cruciali come l'immigrazione clandestina e la tratta delle schiave provenienti dall'Africa subsahariana verso il nostro Paese. L’autore ha infatti spiegato: “Il romanzo utilizza il potere della narrazione per sensibilizzare il pubblico su una condizione complessa, mettendo in luce non solo le sfide mediche, ma anche le interconnessioni sociali e culturali”.
Sono oltre 840mila, per la precisione 840.061, le telefonate ricevute in 37 anni di attività dal Telefono Verde Aids Infezioni Sessualmente Trasmesse - 800 861 061. Per il 76.2% le telefonate sono pervenute da uomini, intorno ai 30 anni di età e in oltre la metà dei casi eterosessuali. I quesiti a cui si è risposto sono oltre due milioni trecentomila (2.351.911), riguardanti in particolar modo le modalità di trasmissione dell’Hiv e delle altre Infezioni Sessualmente Trasmesse (28.3%). È questo il quadro tracciato dal Dipartimento Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità, il 20 giugno, in occasione della nascita del Servizio, che viene offerto gratuitamente e garantendo l’anonimato. Da una quota di telefonate pari al 12.2% si evince una forte disinformazione in merito alle modalità di trasmissione dell’Hiv e delle altre Infezioni Sessualmente Trasmesse, alla distorta attribuzione all’Hiv di sintomi e malesseri, alla mancata esecuzione dei test diagnostici. Un dato che sembra emergere con chiarezza dal contenuto di numerose telefonate pervenute al Servizio, nel tempo, è rappresentato dal fatto che molte persone sembrano essere più preoccupate delle conseguenze che un’eventuale infezione da Hiv potrebbe comportare nella loro vita sociale e relazionale, rispetto anche agli stessi pericoli per la salute rappresentati dal virus. Perfino il semplice atto di recarsi in un ambulatorio o in un ospedale per eseguire un test diagnostico - laddove vi sia stato un fattore di rischio - è da molti vissuto come un’azione che espone ad un’indesiderata visibilità e al pericolo di essere associato, nella percezione sociale, a determinati gruppi di persone o a specifici comportamenti. Al contempo, la paura e lo stigma associati all’Hiv rendono più complicato per chi se ne occupa veicolare un messaggio di prevenzione ugualmente efficace anche su tutte le altre infezioni a trasmissione sessuale, che sono spesso percepite come un problema minore o di entità trascurabile, con tutti i rischi connessi in termini anche di salute pubblica. Nel corso dei 37 anni di attività del Telefono Verde Aids e Infezioni Sessualmente Trasmesse una telefonata su quattro è stata effettuata da giovani under 25, con un’importante ricaduta in termini di sanità pubblica per l’opportunità di attuare un intervento di prevenzione personalizzato, rispondendo ai bisogni informativi di giovani e giovanissimi. Ma nel corso del tempo è stato osservato un decremento in questa fascia di età, a differenza di quanto accaduto con i cinquantenni, che, a partire dal 2011, hanno registrato un costante aumento, rappresentando nel 2024 quasi il 15% del totale delle telefonate arrivate al Servizio. Oltre al Telefono Verde Aids e Infezioni Sessualmente Trasmesse, tra i servizi offerti dal Dipartimento di Malattie Infettive dell’Iss vi sono una mail dedicata alle persone non udenti, Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., e il sito Uniti contro l’Aids con il relativo Canale YouTube uniticontrolaids. L’Iss è inoltre responsabile della mappatura e gestione della Banca-dati nazionale dei Centri Diagnostico-clinici, dei Centri per le Ist e dei Check point community based. In totale oltre 600 Strutture, i cui dati sono costantemente aggiornati e resi accessibili dal sito uniticontrolaids.it.
L'aerospazio si pone quale strumento efficace di cardioprotezione della comunità ed offre la possibilità straordinaria di un supporto aereo alla rianimazione avanzata del paziente critico. È l'obiettivo strategico del progetto sperimentale Seuam (Sanitary Emergency Urban Air Mobility) di SIS118, in collaborazione con il consorzio aerospaziale Caltec, la Fnomceo, l'Università Campus Biomedico di Roma, la Libera Università Mediterranea Giuseppe Degennaro (Lum) di Casamassima, Federconsumatori Nazionale, Coni della Campania, Anci della Campania. "Dai primi 3 test di volo, effettuati a Taranto ed Altomonte - dichiara Mario Balzanelli, da poco rieletto per la 4a volta presidente nazionale SIS118 - documentiamo come su scenario di arresto cardiaco improvviso un drone iperveloce è in grado di trasportare sulla scena il defibrillatore numerosi minuti prima che arrivi l'ambulanza del Set118. Tale possibilità di erogare la scarica elettrica del defibrillatore diversi minuti prima dell'arrivo della ambulanza del Set118, in assenza della immediata disponibilità in loco di un defibrillatore, aumenterebbe in modo statisticamente assai significativo le possibilità di salvezza e di pieno recupero senza esiti.
Dopo l’incontro tra l'Oms, i rappresentanti delle istituzioni sanitarie europee e i membri della società civile per migliorare l'accesso ai farmaci per la tubercolosi nell'Unione Europea, Medici Senza Frontiere (Msf) e altre reti di attivisti invitano i paesi europei a rimuovere immediatamente le barriere che ostacolano l'accesso ai farmaci per la tubercolosi e aggiornare le politiche europee in materia secondo le linee guida approvate dall'Oms. In particolare, Msf ha esortato i politici e i dipartimenti sanitari competenti a livello nazionale e regionale a coordinare gli sforzi per assicurare l’accesso ai nuovi farmaci per la tubercolosi a prezzi accessibili per tutti i paesi Ue sia attraverso iniziative esistenti sia tramite negoziazioni congiunte con le case farmaceutiche e a facilitare la registrazione di tutti i farmaci per la malattia nei paesi Ue, assicurandone la commercializzazione tempestiva, sfruttando le flessibilità legali esistenti e comunicando le richieste ai produttori. “I governi europei non possono permettersi di rimanere indietro, mettendo a rischio decenni di progressi e perdendo vite che potrebbero essere salvate con un tempestivo accesso a trattamenti efficaci per la tubercolosi" dichiara la dott.ssa Chiara Montaldo, responsabile medico di Medici Senza Frontiere Italia. "È giunto il momento che l'Europa rimetta la malattia nell'agenda sanitaria e si impegni a trovare soluzioni reali e tangibili. Le persone con tubercolosi in Europa hanno aspettato abbastanza". In molti paesi Ue, i nuovi farmaci, come i trattamenti orali per la tubercolosi-DR raccomandati dall'Oms, le formulazioni pediatriche, e i trattamenti preventivi più brevi per la tubercolosi, la maggior parte dei quali già ampiamente disponibili nei paesi a basso e medio reddito, rimangono inaccessibili a causa dei prezzi elevati o della mancanza di registrazione. Ad esempio, l’Oms raccomanda un regime composto da farmaci esclusivamente orali della durata di sei mesi per curare la tubercolosi resistente ai farmaci. Questo regime, composto da bedaquilina, pretomanid, linezolid e moxifloxacina (BPaLM), costa oltre €40.000 in molti paesi Ue, mentre è disponibile per €380 nei paesi a basso e medio reddito attraverso il Global Drug Facility, un meccanismo internazionale di approvvigionamento di farmaci e diagnostica per la tubercolosi. “Dodici anni fa, la mia unica possibilità di cura contro la tubercolosi resistente ai farmaci era assumere medicinali da iniettare, con gravi effetti collaterali come psicosi e nausea costante. In più avevo meno del 50% di possibilità di guarire” dichiara Stefan Radut, sopravvissuto alla tubercolosi resistente ai farmaci e membro del consiglio della tubercolosi Europe Coalition. “Ho perso metà del mio udito per colpa del mix tossico di farmaci che dovevo assumere e metà del mio polmone sinistro a causa della bassa efficacia del trattamento. Oggi ci sono trattamenti orali molto efficaci, ma è difficile accedervi. Le persone si trovano di fronte al fatto che i farmaci di cui hanno bisogno non sono disponibili, o se lo sono, sono costretti a restare in ospedali lontani oltre 300 chilometri dalla loro casa, dal momento che le cliniche locali spesso non riescono a procurarsi i farmaci necessari. È assolutamente inaccettabile che questi nuovi trattamenti, tutti per via orale, con una probabilità di guarigione molto più alta, non siano ancora accessibili alle persone che ne hanno bisogno”. Nel 2022, Msf ha iniziato a rispondere ai bisogni dei rifugiati arrivati in Polonia e Slovacchia dall’Ucraina colpita dall'escalation del conflitto, incluse le persone affette da tubercolosi e delle sue forme resistenti ai farmaci (DR). Tuttavia, è stato subito chiaro che né la Polonia né la Slovacchia sarebbero state in grado di fornire terapie adeguate contro la tubercolosi, considerando le strutture mediche limitate, gli standard obsoleti per diagnosi, trattamento e prevenzione della tubercolosi, e la mancanza di integrazione delle linee guida dell'Oms nelle politiche sanitarie nazionali. “Quando abbiamo iniziato a supportare le persone affette da tubercolosi in Polonia nel 2022, siamo rimasti sconvolti dal fatto che i regimi di trattamento nuovi e più efficaci, disponibili da molti anni nei paesi con un alto tasso di tubercolosi, semplicemente non fossero disponibili in Polonia” dichiara Joanna Ladomirska, coordinatrice Medica di Msf in Polonia. “In Polonia e in molti altri paesi Ue, i bambini devono ancora assumere farmaci dosati in modo inaccurato, e anche quelli con forme non resistenti di tubercolosi devono assumere 11 pillole al giorno invece delle tre pillole al giorno delle formulazioni contenenti combinazioni di più farmaci e a dose fissa, disponibili altrove. Eliminare la tubercolosi in Europa rimarrà un sogno lontano a meno che questo divario di accesso ai trattamenti non venga colmato. Sollecitiamo i paesi europei a continuare i loro sforzi passati per eradicare la tubercolosi e ad adottare azioni immediate per fornire i migliori e più avanzati trattamenti e cure per la tubercolosi a chi ne ha bisogno”.
Terapie personalizzate e diagnosi precoce. Sono questi i due grandi obiettivi della neonata piattaforma polmone finanziata da Fondazione Umberto Veronesi Ets, e presentata in occasione della Giornata Mondiale Senza Tabacco. Sviluppata in collaborazione con l'Irccs Ospedale San Raffaele di Milano (centro coordinatore) e la University of Chicago, la piattaforma di ricerca avrà durata quinquennale. Nonostante questo tumore sia la prima causa di morte per neoplasia, negli anni, grazie alla ricerca, la situazione sta cambiando. Alla tradizionale chemioterapia si sono aggiunte due strategie - immunoterapia e terapie target - capaci di migliorare sensibilmente le possibilità di cura. Una delle principali sfide nel trattamento del tumore al polmone è l’individuazione di quei pazienti che meglio risponderanno all’approccio immunoterapico. Questa strategia di cura, che prevede l’utilizzo di farmaci in grado di riattivare la risposta del sistema immunitario contro il tumore, può essere utilizzata sia quando la malattia è metastatica sia per evitare il rischio di recidiva nella malattia localmente avanzata. Partendo da questa sfida Fondazione Veronesi ha dato vita al progetto Neo-memory (acronimo di Determinants of long-term benefit upon neoadjuvant treatments in resectable non-small cell lung cancer in the era of immunotherapy). Realizzato in collaborazione con l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e la University of Chicago, il progetto ha come obiettivo lo studio della memoria immunologica e di alcune formazioni linfoidi (cellule, tessuti e organi che formano il sistema immunitario) nei pazienti con tumore al polmone. “Scopo di Neo-memory - spiega Roberto Ferrara, ricercatore dell’Università Vita-Salute San Raffaele e medico oncologo dell’IRCCS Ospedale San Raffaele - è la caratterizzazione di nuovi marcatori in grado di identificare precocemente i pazienti che avranno una risposta e una lunga sopravvivenza grazie al trattamento sistemico neoadiuvante seguito dalla rimozione chirurgica del tumore. I risultati di tale progetto potrebbero fornire indicazioni importanti per capire quali sono i pazienti che sviluppano una memoria immunologica antitumorale”.